Oggi, rimanendo in tema Light Art, e ripercorrendo gli avvenimenti del 2013 appena concluso, vorrei raccontarvi di Aten Reign, opera di James Turrell , realizzata la scorsa estate all’interno del Guggenheim di New York. Riprendo a tal proposito un articolo che ho scritto per LEDin e di cui ripropongo le parti salienti.
Il 21 di giugno 2013 scorso, primo giorno di solstizio d’estate, è stata inaugurata, presso il Guggenheim Museum di New York, una personale interamente dedicata all’ artista ancora vivente James Turrell, noto esponente della scuola di light art californiana, attiva negli stati uniti a partire dagli anni ’60. Punto culminante di un trittico di omaggi dedicati all’artista che, nello stesso periodo, è stato protagonista di esposizioni parallele presso il Museum of Fine Arts di Houston, e il County Museum of Art di Los Angeles.
Nell’esposizione newyorkese, terminata il 21 di settembre scorso (ultimo giorno di solstizio), oltre ad una selezione delle opere più o meno note dell’artista, alcune delle quali appartenenti alla collezione Panza, è stata realizzata un’installazione site specific unica, Aten Reign.
L’opera era costruita nell’area centrale del museo nota come Rotunda , in direzione dell’Oculus superiore, la cupola vetrata che chiude la spirale del museo, plasmando di nuove forme lo spazio verso l’alto con una serie ellissi concentriche che mutano di colore, così come mutevole è la luce del giorno che arriva dall’esterno.
La rotunda e l’oculus:
L’uso della luce come materia
Più in generale, l’opera di James Turrell ha origine negli anni sessanta, quando l’artista inizia ad utilizzare la luce così come altri utilizzano la pittura o la scultura, introducendo di fatto un’arte in cui ad esser rappresentata è un’esperienza percettiva e non un oggetto. L’uso della luce come materia, che coinvolge la percezione in un linguaggio formale raffinato con basi geometriche. Un interesse per l’ottica e gli effetti emozionali del colore ed una interazione tra il solido e l’etereo, danno vita ad atmosfere quasi reverenziali di introspezione e riflessione.
Molti dei pezzi di Turrell si basano su studi di privazione sensoriale ed effetto Ganzfeld: gli individui esposti ad una stimolazione di campo luminoso uniforme, di solito un campo statico colorato, subiscono una perdita temporanea della visione (seeing black), a volte associato a fenomeno allucinatorio. Questo induce, secondo Turrell, ad uno stato riflessivo che lui stesso definisce “seeing yourself seeing – vedere se stessi nell’atto di vedere “, in cui si è consapevoli della funzione dei propri sensi e degli aspetti materiali della luce.
Aten Reign un’architettura di spazio creato con la luce
Aten Reign è il risultato di quasi sei anni di pianificazione, una delle più grandi installazioni che Turrell abbia mai realizzato. Un’installazione che rende tangibile la luce e l’aria che pervade lo spazio centrale del museo, in un connubio perfetto con l’architettura di Frank L. Wright, creando quello che James Turrell stesso ha descritto come “un’architettura di spazio creato con la luce.
“Per la prima volta, la rotonda può essere vissuta solo dal basso, non come un vuoto aperto in cui guardare attraverso, ma come una massa di colore vibrante che si espande e si contrae sopra le teste dei visitatori.”
Aten Reign, il cui nome è riferito al disco solare divino dell’antico Egitto, è un opera carica di legami simbolici con la natura, così come stretto è il legame tra la natura e l’architettura di Wright. La luce del giorno entra attraverso l’Oculus del museo al culmine dell’installazione, verso la parte sottostante in cui si ergono gli strati più profondi del massiccio gruppo di elementi sospesi al soffitto del museo.
Stretto è anche il legame tra quest’opera, il Roden Crater Project di Turrell e l’architettura del Guggenheim. ll progetto Roden Crater, magnum opus dell’artista, è situato nella zona centrale del Painted Desert, presso Flagstaff in Arizona. Si configura come il più grande land-formed work del mondo, interessando, in un complesso processo di rimodellazione e scavo, il corpo interno di un cono vulcanico estinto, noto come Roden Crater.
Qua un’articolo di approfondimento sul Roden Crater:
La magia della luce di James Turrell al Roden Crater
Una volta terminato, il vulcano spento e modificato, ospiterà quasi due dozzine di installazioni, molte delle quali accuratamente allineate con fenomeni astronomici, come agli antichi osservatori erano orientati verso eventi celesti.
E così, il Guggenheim, è ispirato ad architetture antiche: la struttura a spirale concentrica era immaginata da Wright come uno ziggurat capovolto. Dunque stretta è la connessione tra la forma ellittica di Aten Reign con alcuni spazi a Roden Crater . Proprio come il mondo naturale è una forza di ispirazione per Turrell, così è stato per Wright, che amava il paesaggio aperto del West americano, rendendo l’Arizona la sua seconda casa.
Aten Reign: preparazione dell’opera
La struttura di Aten Reign si erge fino ad un’altezza di circa 24m (79piedi) a occupare per intero la famosa rotonda di Frank Lloyd Wright circondata da rampe a spirale.
La lettura dell’opera avviene dal basso, così come accade normalmente per gli Skyspace di Turrell, installazioni che l’artista realizza sin dagli anni ’70, aprendo un varco verso il cielo nel soffitto di una stanza, dentro cui siedono gli spettatori a contemplare la volta.
Lungo Il perimetro della sala è posta una panca a schienale alto quasi continua, che offre un posto per sedersi, rilassarsi e aprirsi all’esperienza della luce che, metaforicamente, piove dall’alto.
James Turrell è un maestro nel manipolare la luce in modo da farle assumere, in ogni opera, una qualità quasi materiale, e così accade anche per Aten Reign.
“Una volta entrati nel cuore dello spazio espositivo l’aria stessa sembra pervasa da quello che può essere descritto soltanto come una nebbia di luce” afferma uno dei visitatori. Alzando lo sguardo, l’osservatore, seduto alla quota più bassa della Rotunda, è accolto da cinque ellissi concentriche che emanano ognuna una luce colorata in un gradiente che decresce in saturazione, dalla più grande alla più piccola, mentre nel centro, il punto più alto dell’installazione, è la luce del giorno a rischiarare i volumi sottostanti.
La luce colorata muta in lente transizioni di colore, dal rosa, al verde, al giallo, in diversi gradi di saturazione. Tra un momento e l’altro una pausa, durante la quale la luce inonda gli occhi, prima di proseguire con la sua affascinante progressione ipnotica.
L’opera è tecnicamente costituita da cinque elementi distinti a tronco di cono a sezione ellittica, sospesi nello spazio centrale del museo, simili per forma e costituzione a dei paralumi. I coni sono realizzati con una cassa in alluminio agganciata ad uno scheletro, costituito a sua volta da strutture reticolari tipo “americana”, su cui è teso un tessuto in PVC.
Gli elementi, così realizzati, sono impilati uno sull’altro e sospesi dal lucernario della rotonda; ogni cono ha due strati di tessuto, un bianco interno ed uno nero sul lato più esterno, in modo da favorire l’ottima resa e percezione dei colori ed impedire alla luce di fuoriuscire dall’installazione verso le rampe perimetrali del museo, esterne all’installazione.
Alcune immagini dell’installazione
Qua un video molto interessante che racconta dell’installazione della struttura e della sua realizzazione.
La sommità l’opera è chiusa da telo traslucido che lascia passare la luce naturale dall’alto, tra ogni cono è posto uno strato di garza sottile, che cattura la luce a dare l’impressione che sia materia di riempimento di uno spazio dalle dimensioni non ben definite.
L’illuminazione dinamica, dal colore cangiante, ideata per ogni ellisse, è realizzata grazie all’ausilio di apparecchi lineari LED RGB White prodotti da ColorKinetics, disposti ad anello in due file concentriche e celati su un ripiano situato alla base di ogni cono, per un totale di oltre 1.000 corpi illuminanti LED cambia-colore.
Ad ogni apparecchio è stato assegnato un proprio indirizzo DMX e collegato via cavo ad una centralina controllata da un programma sviluppato appositamente dallo studio di Turrell.
L’intero impianto è stato inizialmente costruito in un magazzino del New Jersey, successivamente trasportato al museo e installato in cinque settimane. Una volta sul posto, Turrell ha programmato i colori e le transizioni dalla base della rotonda. Messa a punto necessaria a rendere perfetta l’interazione tra l’opera e lo spazio centrale del Guggenheim.