Quando ci si accinge a parlare di luce ci si addentra in un complesso sistema, un organismo mi verrebbe da dire, in cui si intrecciano molteplici argomentazioni, che partono prima di tutto dalla consapevolezza che il mondo, così come lo osserviamo, è possibile solo grazie alla luce, che viene raccolta attraverso il nostro sistema di visione: l’occhio. Ogni informazione raccolta viene processata dal nostro cervello e poi, parafrasando un amico e collega: “iniziano i problemi”. Questo accade perché, ogni fenomeno legato alla luce, è strettamente connesso al sistema di percezione, composto in modo duale da occhio e cervello. Ciò che si osserva è sempre pesato in modo soggettivo attraverso la nostra esperienza, in estrema sintesi, noi osserviamo quello che il nostro cervello vuol farci vedere. Quest’ultimo risulta essere un “problema noto” anche a chi si occupa di fisica della luce: la fotometria, ovvero la scienza che misura la luce, è infatti costruita partendo da questo presupposto.
Questa premessa è per sottolineare ulteriormente l’importanza dello studio della percezione della luce e del colore. Oggi vorrei presentarvi l’opera di una giovane artista Italiana, Raffaella Romano, che ho avuto il piacere di conoscere e che ha fatto della percezione e dei fenomeni legati alla luce e visione l’elemento centrale della propria opera. Ecco una breve intervista, vediamo cosa mi ha raccontato.
Per chi volesse contattare Raffaella, per avere maggiori info, ecco la sua mail: [email protected]
GR: Ciao Raffaella, raccontami della tua formazione. Quali sono state le scelte fondamentali che ti hanno condotto a ciò che fai oggi: il tuo percorso di studi, i tuoi incontri, le esperienze più importanti per il tuo percorso.
RR: Ho iniziato studiando pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli, il mio primo approccio è stato dal principio orientato verso la percezione visiva, verso i meccanismi che determinano la formazione di immagini mentali nella mente dell’osservatore. Subito dopo mi sono specializzata in fotografia, in quegli anni ho avuto modo di sperimentare tanto, passando dalla camera oscura alla video- installazione. Tanti gli stimoli e i confronti, gli incontri fortunati, tra cui quello col duo artistico Moio&Sivelli, dapprima docenti e cari amici oggi, mi hanno insegnato molto e sostenuto anche nelle opere che sembravano irrealizzabili.
Tra le esperienze più significative metto sicuramente la mia partecipazione alla Residenza Artistica Bocs-Art a cura di Alberto Dambruoso, lì ho avuto la possibilità di incontrare fantastici artisti che si sono prestati ai miei esperimenti visivi, ho prodotto un “Laboratorio di visioni primarie” dove l’osservatore è invitato a guardare, le cellule superficiali del proprio occhio attraverso lo scintillio in una goccia d’acqua.
In tal caso è proprio questo bagliore, o minuscolo scintillio che, permette la visione, che si palesa all’interno un disco luminoso. Inoltre sempre lì ho realizzato “La visione dell’osservatore”, l’opera che traduce questo laboratorio in un “dispositivo” mediante specchi, lenti e riflessioni luminose e che probabilmente rappresenta al meglio la mia ricerca attuale.
GR: Mi piacerebbe capire quali sono per te le ispirazioni, i contenuti e i modi che intervengono nel processo di creazione. Come nasce un’opera d’arte? Cosa pensi del rapporto tra osservatore ed opera osservata?
RR: Diciamo che il processo creativo stesso, il suo studio, è quello che mi ha condotto alle recenti opere ed è tuttora un campo d’ interesse .
L’ho indagato tanto, arrivando ad analizzare me stessa, giungendo alla conclusione che volendo rappresentare il processo creativo attraverso l’arte, non facevo altro che produrne uno ulteriore per rappresentarlo. Per me la superficie non trasmetteva completamente all’osservatore tutto quello che c’era dietro, volevo far vivere l’emozione della creazione, la sensazione di vedere un’immagine per la prima volta ma, allo stesso tempo sentirla intima, proporre un’esperienza visiva e sensitiva simile alla mia ma, con tutte le variabili di questo scambio. Quindi ho iniziato cercando di stimolare la mente e l’occhio dell’osservatore affinchè producesse, un’immagine, un processo del tutto soggettivo e, la percezione, si palesasse viva nella sua mente. Il modo è venuto naturalmente, osservando ciò che mi sta intorno. Sono stata attirata da sempre da quello che appare sfuggente ed effimero, e da ciò che spesso il sistema occhio-cervello bypassa come disturbo visivo. Mi succede spesso con la luce, quando percepisco “un’anomalia” nel campo visivo, per me è il momento di iniziare la ricerca, di capire dapprima cosa sto vedendo e poi come trasformare questa percezione in un’opera che sia uno stimolo visivo per il fruitore.
C’è da dire comunque che in ogni lavoro dal primo all’ultimo tutto è passato sempre dalla visione, l’attenzione istintiva verso un dettaglio si è sempre collegata automaticamente alle mie riflessioni.
GR: Vedo che tu hai a cuore temi che riguardano la percezione e i fenomeni legati alla luce. Come interviene e quale ruolo ha la luce naturale nel tuo lavoro?
RR: L’osservazione del cielo diurno mi ha dato stimoli intensi ed inaspettati, in più ha rivolto la mia attenzione verso i fenomeni endottici, le visualizzazioni soggettive che avvengono all’interno dell’occhio. Ho scoperto che la luce intensa del cielo e nello spettro cromatico del blu, attiva molte di queste visualizzazioni in cui l’occhio guarda se stesso ed è davvero possibile vedersi dentro. Mi ha sempre attirato la luce perché c’è tanto da scoprire e tanto da sperimentare, ed è collegata al tempo, alla dualità a tutto ciò che ci circonda. Ad esempio penso che esista una stretta correlazione tra i fenomeni ondulatori, che lega gli stati delle onde cerebrali, alle onde sonore e all’onda luminosa. Trovo interessante anche il fenomeno della persistenza retinica e penso che attivi in maniera positiva la mente attraverso le visualizzazioni interne di luce. Che ci possano essere questi effetti, osservando un’opera d’arte mi affascina molto.
Nelle foto qua sotto “Visioni Endottiche”
GR: Cosa è per te la visione? Quale pensi sia il rapporto tra la percezione e la visione dell’opera?
RR: Per me la visione è un evento percettivo-soggettivo e in quanto tale andrebbe vissuto in maniera partecipativa da parte dell’osservatore. Penso che nel mio caso la percezione e la visione dell’opera siano separati da una linea sottile e spero in futuro di riuscire ad assottigliarla sempre di più.
GR: Raccontami della tua prima opera, dell’evoluzione del tuo lavoro negli anni e di come si stia concretizzando ultimamente. Su cosa stai lavorando, quali sono le tue ricerche recenti?
RR: La mia prima opera è stata un’installazione pittorica intitolata Nullificazione, Dilatazione, Moltiplicazione, consisteva in un dipinto di grandi dimensioni vicino alla pittura informale, difronte ad esso una sedia a dondolo e delle cuffie isolanti dai suoni. Mostravo similmente al test di Rorschach degli stimoli informi però sui toni più indefiniti del bianco, il movimento della sedia voleva offrire punti di vista e percezioni differenti. L’opera si proponeva come stimolo visivo-sensitivo.
La percezione visiva è rimasta una costante nel mio lavoro affiancandosi nel tempo alle ricerche sul processo creativo, a quelle sulla superficie dell’opera fino al rapporto con l’osservatore, i mezzi sono stati davvero vari a seconda di quello che volevo rappresentare.
Comunque sia adesso mi accorgo che l’intento della mia prima opera corrisponde a quello attuale, ora cambia solo il medium e grazie alla luce ho nuove strade aperte.
Al momento sto lavorando sempre sui fenomeni endottici, su quello che chiamerò “Blue field” e si lega alla luce naturale, indago più precisamente quel vivo e disordinato scintillio nel cielo diurno. Sto studiando anche la deprivazione visiva, sia al buio e, sia in presenza di luce ma, comunque in assenza di input visivi. Queste deprivazioni paradossalmente attivano percezioni luminose che non si riferiscono alla realtà esterna ma a quello che avviene all’interno del nostro corpo e possono essere visualizzate solo mentalmente. Un esempio di questo sono i fosfeni, fenomeno a cui sono legatissima e che è ancora in fase di analisi e maturazione.
GR: Ci sono desideri o progetti futuri che vorresti vedere realizzati?
RR: So di aver mosso solo un piccolo passo nell’indagine della percezione e della luce e che la strada è davvero tutta in salita, ma se mi parli di desideri vorrei sicuramente trovare nel mio futuro una stanza piena di luce solare e un’opera ad occhi chiusi.