Ho avuto recentemente la fortuna di visitare Tokyo ed una delle cosa più interessanti che ho visto è stato il building Chanel progettato dal noto architetto americano Peter Marino.
L’edificio si trova a Ginza, il noto “quartiere del lusso”, ed è stato inaugurato nel 2004: nonostante siano passati già alcuni anni dall’apertura (sappiamo bene come in questi ambienti si tenda a bruciare tutto molto velocemente) il progetto non ha perso fascino e può essere considerato ancora un esempio di alta tecnologia applicata all’architettura, in grado di creare emozioni.
Durante il giorno il monolitico building, caratterizzato dal colore nero delle finiture dei materiali impiegati “risplende” in un modo che rievoca l’architetture del modern style, mentre di sera letteralmente si accende mutando aspetto continuamente.
La facciata dell’edificio, dieci piani adibiti a vendita, uffici e ad attività collaterali (all’interno si trova anche uno spazio per concerti, mostre ed un rinomato ristorante francese) è stata pensata come una tela su cui far scorrere suggestioni luminose, funzionando oltre che come sistema d’illuminazione per la torre stessa anche come efficace strumento di comunicazione.
Alcuni dei filmati che vengono proposti sono stati realizzati dall’artista israeliana Michal Rovner nota per utilizzare nelle sue performance artistiche immagini in movimento dalle fattezze umane: nello specifico, in questo progetto, i video traggono ispirazione dal movimento perpetuo delle persone che affollano i marciapiedi di Ginza.
È forte il tentativo di integrare il più possibile arte e architettura superando il concetto tradizionale del quadro appeso alla parete o della statua posta all’ingresso dell’edificio.
Da un punto di vista strettamente tecnico ciò che ha reso possibile la trasformazione della facciata in un gigantesco video wall è stato l’utilizzo di oltre 700.000 LEDs montati in 1.870 tubi in grado di creare più di 18.000 pixels (96×188) di animazioni che scorrono a 30 frames al secondo gestite da un software appositamente progettato capace di controllare ogni pixel (20×20 cm).
Mi rendo conto che un progetto di tali dimensioni (e costi naturalmente) può quasi considerarsi unico ma credo possa essere utilizzato per riflettere sui risultati che un sapiente utilizzo di tecnologia e lavoro di squadra (integrazione fra le varie professionalità) possono ottenere.
vi allego qua sotto un filmato esplicativo .
Buona visione!
ciao a tutti
Interessantissimo blog!! Complimenti, diventerò una lettrice affezionata. Sono una designer laureanda, e sto lavorando nel campo del lighting sostenibile…spero che avremo modo di condividere le nostre esperienze e conoscenze sull’argomento. A presto! Agnese