Eureka! Questa è stata la prima esclamazione che mi è brillata in testa quando ho letto l’articolo “Sicurezza elettrica e ottica degli apparecchi di illuminazione a Led” sull’ ultimo numero di Luce. Eh sì perché guarda caso, e vi posso assicurare che di caso si tratta, mi ha aiutato a togliere un po’ di nebbia dal mio cervello sull’argomento sicurezza e illuminazione, di cui ho avuto modo di parlare lo scorso articolo, nel quale, per l’appunto, mi domandavo in che modo si potessero fare le misurazioni spettrografiche atte definire la pericolosità o meno di una sorgente, o meglio del corpo illuminante all’interno del quale è ospitata.
Abbiamo visto che il nuovo decreto in materia di sicurezza sul lavoro si esprime in maniera perentoria quando si parla di tempi di esposizione, lunghezze d’onda, bande di spettro, danni causati alla retina o alla pelle. Ebbene la legge non fa altro che recepire quanto affermato nella Direttiva del Parlamento Europeo, numero 25 del 5 aprile 2006.
Però una cosa è certa, quanto affermato all’interno del Decreto 81, o se volete nella direttiva europea, tutto è fuorchè chiarificatrice sulle modalità con cui effettuare le misurazioni. Questo perché, ignoranza mia (colmata per fortuna dall’articolo che vi dicevo), esiste una normativa europea, la EN62471 del 2008 , che deriva a sua volta da una normativa americana, la IEC62471, della quale modifica solo alcuni parametri e che entrerà di fatto in vigore il primo settembre 2010 (il primo settembre a quanto pare è una data importante per chi legifera 😀 ). Dunque, questa norma non solo definisce dei limiti di esposizione, ma si esprime in maniera chiara su come effettuare le misurazioni e, udite udite, definisce una classificazione di pericolosità.
La EN62471/2008 definisce in modo chiaro i diversi tipi di danno a cui si potrebbe essere soggetti in caso di “sovraesposizione”, cioè qualora l’irraggiamento subito sia al di sopra di quanto normato, per cui suddivisi per range di lunghezza d’onda, si possono distinguere:
Ok, ma chi effettua le misure di Irradianza e Radianza spettrale necessarie a valutare il rischio? E come faccio a sapere già in fase di progetto se quello che sto montando è più o meno pericoloso per l’utente finale, sia esso un impiegato o un operaio? Beh mi aiuterò ancora una volta con il bell’articolo, che tra l’altro vi consiglio di leggere, trovato su Luce, nel quale si legge che, relativamente ai LED (soggetto dell’articolo in questione) IMQ si è dotata di un laboratorio atto ad effettuare le misurazioni sia di Irradianza [W/m2*nm] ,utilizzata per valutare i danni alla pelle, che di Radianza spettrale [W/m2*sr*nm], utilizzata invece per i danni alla retina.
Il cuore del laboratorio IMQ è rappresentato da uno spettro radiometro a doppio monocromatore. Un monocromatore è un dispositivo in grado di raccogliere in ingresso la radiazione ottica emessa dalla sorgente e convogliarne le differenti componenti in uscita, per mezzo di ottiche particolari e di dispositivi, quali i reticoli di diffrazione, che ne eseguono la scomposizione.Dopo aver calcolato i valori di irradianza e radianza spettrale nei rispettivi intervalli, questi vengono confrontati con i limiti stabiliti dalla norma. A seconda del grado di pericolosità gli apparecchi vengono classificati secondo 4 “Gruppi di Rischio”:
- Gruppo Esente, assenza di rischio;
- Gruppo 1, rischio basso;
- Gruppo 2, rischio moderato;
- Gruppo 3, rischio alto.
Però come fare a preservare l’incolumità dell’utilizzatore esposto a quanto pare è un aspetto che la EC/EN62471 non tocca, anche se, a quanto si legge, nella seconda parte della norma è definita una metodologia atta ad etichettare i vari corpi illuminanti sul grado di pericolosità, fornendo quindi i requisiti di utilizzo in sicurezza.
Dunque un panorama normativo che a quanto pare si esprime in maniera molto chiara sulle modalità atte a definire la pericolosità di un apparecchio di illuminazione. Mi domando ora chi verificherà l’effettiva applicazione dei “requisiti di utilizzo in sicurezza”, speriamo solo non sia l’autorità preposta alla verifica della corretta illuminazione nei luoghi di lavoro e nelle strade o, ancor meglio, chi dovrebbe verificare il rispetto delle più banali regole di sicurezza in cantiere!
Voi cosa ne dite?
Ciao e alla prossima! 😉
ho acquistato da un produttore cinese alcune lampadine a LED. Il produttore mi ha inviato l’attestato di conformità CE, dove però non è indicata la conformità alla EN62471. Non è obbligatoria tale norma per poter apporre il marchio CE sul prodotto? Grazie!
Ciao Cristiano, benvenuto su Luxemozione.
Per quanto riguarda la normativa EN62467 e marcatura CE, ti confermo quanto dici, la classificazione secondo le categorie di rischio definite dalla suddetta normativa sono prerogativa obbligatoria per la marcatura.
Di fatto il costruttore autocertifica la rispondenza a detta norma, nel caso puoi chiedere dei datasheet o dei certificati alla cina, dubito francamente che riceverai mai qualcosa
ma tentar non nuoce.
Ciao
G.