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Svelato il mistero sulla garanzia dei LED

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Eccomi qua, ospite di Luxemozione, per raccontarvi qualcosa che spero serva a tutti voi a capire meglio in che modo oggi le principali aziende produttrici di corpi illuminanti valutano le condizioni di garanzia sui prodotti a LED e perchè è errato considerare un fattore di manutenzione uguale a 1 nel calcolo illuminotecnico .
Da diverso tempo ormai mi occupo di testare sia con calcoli illuminotecnici sia con prove sul campo i prodotti a LED per la società con cui collaboro. In base alla mia esperienza sul campo mi sono fatto un’idea abbastanza precisa di quelli che possono essere gli aspetti positivi e, di contro, le problematiche relative all’applicazione di questa tecnologia. Premetto che, contrariamente a quanto si pensa, i maggiori difetti riscontrabili in un apparecchio non risiedono tanto nel diodo LED in sé, quanto nel modo in cui questo viene assemblato e l’affidabilità e durata di tutti i componenti secondari che concorrono al buon funzionamento del sistema (primo fra tutti l’alimentatore elettronico). La cosa che più mi sorprende è che nessuna di queste problematiche viene mai nominata, non solo dai produttori di apparecchi illuminanti, ma anche da coloro che si definiscono “esperti” di questa tecnologia (a meno che per “esperto” non si intenda “teorico”, e per “teorico” non si intenda “che non ha mai visto un LED nemmeno col binocolo”). Come sappiamo tutti, un LED è un diodo, cioè un prodotto elettronico ed un apparecchio di illuminazione a LED è un sistema che incorpora al suo interno oltre alla sorgente citata anche un sistema di alimentazione (anch’esso elettronico), ottiche, dissipatori ed eventualmente altri ausiliari, il tutto racchiuso dentro un involucro.

Ora dimenticate il LED, pensate ad un computer: un computer è un sistema che incorpora al suo interno diversi diodi, sistemi di raffreddamento, sistemi di alimentazione, sistemi ausiliari per l’audio, il volume, la masterizzazione, ecc…, uno schermo, il tutto racchiuso dentro un involucro. Quando acquistiamo un computer, appare del tutto naturale prevedere che dopo qualche anno “inevitabilmente” si rompa qualcosa: la scheda video, il masterizzatore, l’alimentatore; non solo quindi il microprocessore.

Quando invece acquistiamo un apparecchio a LED ci propongono invece una prospettiva completamente diversa: quindici, anzi venti anni di funzionamento continuo, senza alcun guasto ed alcuna manutenzione. Lasciando per ora sospeso il confronto, penso sia doveroso capire innanzitutto come un LED non renda necessariamente indistruttibile tutto ciò che gli sta attorno (dall’alimentatore al palo che lo sorregge).
Pertanto i costi di manutenzione dovuti al sistema impiantistico (pali, linee, cabine, ecc.) rimarranno purtroppo immutati, qualsiasi sia la natura del corpo illuminante installato. Inoltre la durata e l’efficienza di un apparecchio dovrà essere valutata considerando tutto ciò che sta al suo interno (e quindi non basarsi solo sulla sorgente luminosa). Fatta questa introduzione, per capire di come si possa valutare la durata di una sorgente LED e delle altri parti che lo compongono, occorre parlare di quello che i tecnici chiamano “failure rate” di un prodotto elettronico.

1. Il “failure rate” (lett. “tasso di rottura”)

Gli specialisti dei test di affidabilità dei prodotti elettronici spesso descrivono il comportamento di una popolazione di prodotti attraverso una curva “bathtub” (lett. vasca da bagno), che definisce tre periodi:

  • un periodo di mortalità infantile del prodotto (che si verifica nei primi mesi di funzionamento, con un tasso di rottura che diminuisce con l’andare del tempo, perchè la maggior parte dei guasti si ha quasi immediatamente all’accensione),
  • un periodo di vita normale (conosciuto anche come “vita utile”, con un tasso di mortalità costante e relativamente basso, in cui i guasti sono dovuti principalmente a cause accidentali ed esterne)
  • ed un periodo di fine vita (in cui il tasso di rottura aumenta esponenzialmente: questo vuol dire che raggiunto il periodo di fine vita, il prodotto non avrà una vita tanto più lunga di quella indicata).

Questo significa che anche i LED D, in quanto prodotto elettronico, avranno una mortalità infantile abbastanza alta (che si verifica nei pprimi mesi e che di solito viene eliminata, facenndo prove preventive sui diodi, chiamate burn-in) e una a mortalità durante la normale vita molto bassa (che i produttori accreditano attorno allo 0,2% ogni 1000 ore); per un LED non viene calcolata unna fine-vita in base alla percentuale di rottura, ma in base a al decadimento del flusso luminoso.
Generalmente viene definito fine vita di un LED allorché il flusso luminoso di un LED è pari al 70% di quello iniziale (indicato con L70); per qquestioni di calcolo illuminotecnico, però, diversi produttori fanno riferimento anche a mantenimenti p più alti (L80 e L90).
La curva sopra indica semplicemente una tendenza generale dei prodotti elettronici; per una definizione dell’affidabilità puntuale invece viene comunemente usata per i prodotti elettronici una curva Weibull, parametrizzata in base a test sperimentali condotti su una popolazione abbastanza a ampia. Senza entrare troppo nel dettaglio, possiamo definire una curva di sopravvivenza dei LED (cioè la percentuale di LED che rimangono “accesi” dopo un certo periodo di tempo) secondo lo schema sottostante (i numeri sono indicativi e non si riferiscono volutamente ad alcun modello in particolare).

Dal grafico si vede che dopo un periodo di mortalità infantile, in cui si ha un calo abbastanza brusco, si passa ad una curva che ha una pendenza costante e che dura per un periodo abbastanza lungo, salvo poi “crollare” di nuovo arrivati a fine vita (qui supposta attorno alle 120000 ore). Questa curva è influenzata in maniera molto forte dalla corrente con cui vengono alimentati i LED (maggiore è la corrente, minore è la durata), dalla temperatura di giunzione a cui lavorano (maggiore è la temperatura, minore è la durata) e dagli “sforzi” cui i LED sono sottoposti durante la loro vita (cali bruschi di alimentazione o sovraccarichi ad esempio possono compromettere il loro funzionamento). In questo caso il grafico considera un funzionamento in condizioni “ottimali”. Ovviamente la vita “utile” di un LED è inferiore a quella “reale”, se così si può chiamare, in quanto il flusso luminoso emesso si esaurisce molto prima della sua fine vita; supponendo quindi un “burn-in” iniziale del diodo ed un funzionamento a temperatura e corrente costante e controllata, durante la vita “utile” i diodi LED presentano una mortalità pressoché costante. Come detto in precedenza, lo 0,2% di rotture ogni 1000 ore indicano una rottura attesa pari al massimo al 10% a 50000 ore di funzionamento (che vengono considerate la durata “standard” di vita di un diodo LED).

Per quanto riguarda invece gli alimentatori elettronici (l’altra componente elettronica presente all’interno di un corpo illuminante a LED), è possibile fare un paragone stretto con la curva di mortalità presentata; in questo caso però non c’è un limite dovuto ad eventuali diminuzioni delle prestazioni. La “vita utile” di un alimentatore è considerata fino a quando non si ha il brusco calo a “fine vita” (senza cioè considerare una fine vita forzata e precedente a quella reale). Gli alimentatori presenti sul mercato hanno – al contrario dei diodi LED – un range molto ampio di vita nominale e tassi di rottura: si va da una vita di 30000 ore con una rottura del 15% (cioè, prima del “crollo” dovuto alla fine vita, che si verifica a 30000 ore, si saranno comunque rotti il 15% degli alimentatori) fino ad una vita di 60000 ore con una rottura del 5%. Come affermato in precedenza, l’attenzione della maggior parte dei produttori viene posta unicamente sulle sorgenti luminose e quindi purtroppo ci troviamo spesso con alimentatori poco affidabili.

In base a quanto detto fino ad ora è possibile quindi calcolare, nel migliore dei casi, che durante le 50000 ore attese di funzionamento degli apparecchi, andrà cambiato 1 LED su 10 ed 1 alimentatore su 20. Non credo che questa possa essere definita “manutenzione nulla”. A questo punto ritorniamo al paragone iniziale: così come un computer (o qualsivoglia altro sistema elettronico) un apparecchio illuminante a LED è soggetto a guasti indipendentemente dalle sue condizioni di utilizzo.

2. La garanzia

Una volta compreso il meccanismo di rottura è facile anche capire le condizioni di garanzia che alcuni produttori mettono sui propri prodotti: quando si afferma che la garanzia sui LED è di 5 anni a meno di rotture inferiori allo 0,2% ogni 1000 ore, significa che il produttore ci sta garantendo la “normale” rottura attesa. Tutto ciò che riguarda i guasti accidentali, le sovra o sotto-alimentazioni che possono danneggiare il sistema, gli errori costruttivi (dovuti magari alla saldatura sbagliata dei diodi sulla piastra), ecc. e che rendono la percentuale più alta dello 0,2%, non sono sottoposti a garanzia. Inoltre, una volta compreso il meccanismo di “vita utile” è facile anche considerare quanto denaro occorre per l’eventuale manutenzione dell’apparecchio (calcolata come percentuale del costo iniziale rispetto alle percentuali di rottura) e quindi verificare se tutte le eventuali “estensioni di garanzia” proposte dai produttori possano essere convenienti o meno.

3. Il calcolo illuminotecnico

Fino ad ora abbiamo parlato di quella che può essere l’incidenza economica del “failure rate” delle sorgenti luminose a LED e degli alimentatori elettronica, ma questo fattore ha un’altra ricaduta ben più importante e riguarda le sue prestazioni illuminotecniche. Secondo le norme di “buona tecnica”, ribadite dal CIE 154:2003, nel calcolo illuminotecnico va considerato un “fattore di manutenzione” che indica il deprezzamento del flusso emesso a causa di diversi fattori; questo per considerare il flusso emesso nella peggior condizione possibile prima di una eventuale manutenzione (da qui il nome). Per gli apparecchi con sorgenti al sodio alta pressione si considera un MF=0,80 per un cambio programmato triennale (ma anche quadriennale) e pulizia del corpo effettuata in corrispondenza di questo cambio. Come ho scritto anche sul mio blog, il fatto che 10% delle sorgenti che compongono un LED non arrivano a fine vita incide notevolmente sul fattore di manutenzione. Possiamo infatti considerare un LLMF=0,80 derivato da un fine vita L80 per le sorgenti LED (cioè una riduzione del 20% del flusso iniziale a fine vita). Per la natura stessa degli apparecchi illuminanti prodotti fino ad ora, non è possibile considerare una manutenzione programmata (o comunque un cambio dell’apparecchio allo spegnimento di un solo diodo luminoso) e pertanto va considerato un LSF=0,90 (cioè una percentuale di rottura del 10% a fine vita delle sorgenti presenti all’interno). Considerando inoltre una pulizia con cadenza quadriennale (ma sono alquanto dubbioso che possa venire fatta su di un apparecchio che viene garantito come funzionante per 50000 ore), abbiamo un LMF=0,90 (secondo le tabelle indicate dal CIE 154:2003). Questo porta ad un coefficiente di MF=LLMFxLMFxLSF=0,65: alla faccia di chi propone un MF=0,90 o addirittura MF=1,0!

Questo significa che le prestazioni di un apparecchio LED vadano notevolmente ridimensionate e non esprimano appieno la realtà dei fatti. Purtroppo il caso del “tubo tucker” ci insegna invece come la percezione del risparmio alle volte risulti molto più importante del risparmio effettivo.

Matteo
Matteohttp://arching.wordpress.com/
Matteo Seraceni, ingegnere, si occupa di architettura ed illuminazione. E' curatore del blog arching.wordpress.com dedicato ad Architettura, Ingegneria, Arte e Illuminazione. Per maggiori informazioni guardate il profilo completo..

29 Commenti

  1. Molto interessante, ma anche troppo complesso da spiegare al tecnico comunale medio, occorrerebbe avere qualche parametro riassuntivo di facile comprensione su cui confrontare i LED con gli altri tipi di sorgenti.

    Ciao

    Andrea

    • Ciao Andrea.
      Hai ragione! E’ complesso perchè l’argomento è complesso. Nella fattispecie non è traducibile con “la garanzia copre 1 led su 10 per corpo illuminante”. E quando il corpo illuminante è composto da tre led cosa succede?
      Ricorda che è il tecnico specializzato a dover tradurre in parole semplici alla committenza (nella fattispecie il tecnico comunale) quello che altrimenti sarebbe incomprensibile, ma cosa accade se nemmeno il tecnico specializzato riesce a comprendere appieno la problematica sopraesposta.
      Questo è un articolo ottimo che ti assicuro non trovi da nessun’altra parte e serve a comprendere come in realtà la garanzia sui prodotti LED sia incompleta, prima di tutto per il motivo che c’è scritto sopra, ovvero “la garanzia si rivolge solo alle sorgenti” e non al sistema LED. Non ti pare che sia un controsenso? Proprio ora che si inizia a parlare di Sistema LED anche nelle normative unificate? (vedi UNI 1135600:2010).

      • “”ma cosa accade se nemmeno il tecnico specializzato riesce a comprendere appieno la problematica sopraesposta””
        Vuol dire che NON E’ un tecnico specializzato!

        Nonostante lavori in un azienda (lo so che mi odiate x questo 😉 ), spero vivamente che questa nuova tecnologia sia una chiave in più per far emergere la figura del lighting designer.

      • “Vuol dire che NON E’ un tecnico specializzato!”

        Questo non è detto, come tu ben sai le cazzate che si leggono sui LED sono molteplice e spesso fuorvianti.
        La questione della garanzia ha bisogno di un’evoluzione, sarai d’accordo con me che non è in grado, così come è esposta oggi, di risolvere il problema dei corpi illuminanti LED e che le aziende sono le prime ad essere confuse a riguardo.

      • …..buongiorno, tutto bene per quello che rigurda il funzionamento illuminotecnico dell'”apparecchio a led” , l’ingegnere ha parlto solo di garanzia illuminotecnica, ma per i comuni mortali che acquistano lampadine a led quale garanzia hanno veremante?
        il mio caso è emblematico, ho acquistato 4 lampadine a led 220v/3.5w a €6 cad.una con attaco GU10 bene, 2 di queste sono durate 2 mesi, si sono spente, a vedersi sembrano nuove……eisiste una norma sullA GARANZIA DI QUESTI PRODOTTI.? Grazie Fabio da Milano

      • Giacomo, che norma è la UNI 1135600:2010?
        ho provato a cercarla sul sito della UNI ma non mi dà nessun risultato…
        GRAZIE!

  2. Concordo con ELLEDI: un aiuto va bene, ma proprio non saperne nulla è assurdo.
    Il problema è che nei comuni non esistono tecnici specializzati (anzi, alle volte non esistono propio tecnici): quindi, come si può presentare un apparecchio illuminante ad un politico?
    Con tante promesse e tante slide.
    Non aspettiamoci quindi un aiuto “dall’altra parte”: occorrono invece lighting designer preparati e SERI che sappiamo confrontare le diverse tecnologie e presentarle a chi di dovere con la dovuta competenza, spiegandone i pro e i contro.
    Non è possibile lasciare alle sole ditte la presentazione dei prodotti, perchè ovviamente ciascuno tira l’acqua al suo mulino e spesso vince chi ha le slide più belle, anzichè il prodotto migliore e più risparmioso (in tutti i sensi).

    • Mi permetto di approfondire un pò il concetto.
      La sorgente LED ha aperto il mercato ad un gruppo di costruttori che poco hanno a che fare con il comparto lighting; ma di più con il mondo dell’elettronica.
      Il problema è stato tutto qui!.

      Un azienda del comparto, che di lavoro fa corpi illuminati, ha in primis l’esperienza e la conoscenza delle esigenze percettive da soddisfare, norme e conronorme.
      In secondo ha un mercato da difendere nella quale non può certo compromettere la sua immagine; pena la sua scomparsa dal mercato stesso in cui per anni ha operato.
      Se la ditta XYZ da sempre produttrice di corpi illuminati per pubblica illuminazione fallisce ponendo sul mercato un prodotto LED con prestazioni fotometriche e di durata inadeguata SCOMPARE.
      Scompare perchè lavora su quel mercato in cui si è sputtanata.
      E’ dunque nell’interesse stesso dell’azienda XYZ immettere nel mercato apparecchi IDONEI.
      Ovviamente ogniuna con le sue capacità e possibilità aziendali, chei meglio e chi peggio; ma perlomeno tutte con ottiche stradali ad esempio e non con lenti spot!.

      Dall’altra parte invece abbiamo la ditta HJK che da sempre produce schede elettroniche per lavatrici ad esempio.
      Si butta sul mercato della pubblica illuminazione con il marchio LEDLUX HJK; imbroglia l’assessore di turno ( e dico imbroglia ) e piazza 1000 punti luce quì e 1000 punti luce la.
      fa il suo bell’incasso, e se tra un anno il prodotto si dimostra un flop lei torna a fare tranquilla tranquilla le schede delle lavatrici.
      Si è incassata questo bell’extra comoda comoda.

      Serza orpelli e virgolette la realtà è questa.

      Lo scandalo non è nella HJK che tenta una strada e se va male la lascia;
      lo scandolo sta nell’utente finale, che sino a ieri pretendeva marchi e contromarchi ; certificazioni e controcertificazioni sui prodotti a scaraica.
      Lo stesso utente finale pretendeva le marche TOP del mercato e ne riconosceva il valore aggiunto.
      L’assurdo è che con una tecnologia delicata come quella LED questo stesso utente accetti un prodotto improvvisato da un costruttore palesemente improvvisato !!
      Non c’entra una beneamata cippa l’essere competenti o meno!
      Fino a ieri si voleve solo Philips AEC GRECHI GUZZINI ecc ecc perchè si sapeva chi erano! ora si accetta HJK spunatat dal nulla ; e che sia spuntata dal nulla anche il geometra del peggior comune se ne rende conto.

      • Quello che dici è sacrosanto!
        Hai riassunto benissimo quello di cui si è discusso (anche) durante l’ultimo lighting innovation alla tavola rotonda finale sui LED.
        Il problema è che l’azienda HJK sputtana il mercato dell’iilluminazione, cioè se dopo un anno il nostro beneamato apparecchio a led HJK si spegne a causa di un errata progettazione bhe il tecnico comunale che (forse chiudendo un occhio o forse tutti e due) si era fatto lusingare da quantomai improbabili storie sul risparmio energetico e sulla bellezza della luce 6500K dei diodi, ora si troverà di fronte l’ammistrazione e/o la cittadinzna infuriata (vedi esempio di Legnano) e al prossimo giro col cazzo che sceglierà un apparecchio a LED, sia esso AEC,Philips, Martini o via dicendo.
        Ritorno sempre li, lo so ma Torraca, che a detta di tutti è una schifezza dal punto di vista illuminotecnico, beh sta ancora cavalcando l’onda del risparmio energetico. L’ultima l’altra sera quando ascoltando lifegate radio un ospite di Fabio Treves ha dedicato una sonata “LIVE IN TORRACA” proprio alla cittadina che passerà la storia per essere la prima ad essere illuminata a LED.
        Importa qualcosa se poi l’illuminazione e la soluzione non era adeguata? Assolutamente no!
        ciao

      • Perfetto: siamo arrivati al punto.
        Però c’è anche la seconda parte: i produttori XYZ anzichè proporre da subito standards unificati, dati trasparenti su durata e prestazioni, caratteristiche tecniche e fotometriche, hanno pure loro cavalcato l’onda e hanno VOLUTAMENTE taciuto i limiti di questa tecnologia (soprattutto quelle che erano le evidenti manchevolezze, almeno fino all’inzio di quest’anno).
        Così abbiamo la ditta R***** (non scrivo il nome per la privacy) che parla di illuminazione scotopica e luce bianca, prendendo per i fondelli tutti, visto che l’illuminazione notturna non si situa in campo scotopico; poi abbiamo la ditta i***** che propone un apparecchio con evidenti pecche fotometriche e che consuma molto più di un apparecchio a scarica di ultima generazione, ma manda comunicati a destra e a manca che risparmia il 40% rispetto alle SAP.
        Non mi sembrano queste ditte “ultime arrivate”, no?
        Diciamo che se siamo arrivati a questo punto, non è solo colpa degli elettrotecnici cantinari, ma anche del voluto (sottolineao voluto) silenzio da parte delle ditte più blasonate…e chi ci deve mettere le pezze siamo poi noi, come al solito.

        Saluti

        Matteo

  3. Ciao,
    scusate ma l’articolo mi interessa molto e pertanto voglio togliermi qualsiasi dubbio in merito.

    Sinceramente non mi è chiara una cosa sull’argomento garanzia.

    Viene scritto: “quando si afferma che la garanzia sui LED è di 5 anni a meno di rotture inferiori allo 0,2% ogni 1000 ore, significa che il produttore ci sta garantendo la “normale” rottura attesa.

    Tutto ciò che riguarda i guasti accidentali, le sovra o sotto-alimentazioni che possono danneggiare il sistema, gli errori costruttivi (dovuti magari alla saldatura sbagliata dei diodi sulla piastra), ecc. e che rendono la percentuale più alta dello 0,2%, non sono sottoposti a garanzia.

    Nel primo caso mi pare di capire che se la rotture dovesse essere dello 0,1% ogni 1000 ore non è prevista garanzia.(si dice infatti a meno di rotture inferiori allo 0,2%)

    Nel secondo caso (rotture superiori allo 0,2% per cause accidentali), voi scrivete che non è prevista garanzia.

    Dove mi sono perso?
    Vi ringrazio.
    Diego

    • Ciao Diego
      0,2% ogni mille ore si riferisce alla curva statistica di mortalità , cioè di rotture “normali” che avvengono periodo di vita dell’oggetto elettronico e nel nostro caso dei led. Se e solo se il prodotto presenta una mortalità dei diodi superiore alla curva di previsione allora interviene la garanzia, ma solo se il danno non è derivabile da agenti esterni quali ad esempio cattiva alimentazione, montaggio o dissipazione.
      Spero sia più chiaro 🙂

    • …oppure, anche se fosse il contrario, non sarebbe comunque una gran cosa: ti pagano solo se si rompono più del 10% di led in 50000 ore (cioè, se si spegne un LED, sono c***i tuoi)…

  4. Ad un convegno, a fronte del mitico assessore che asseriva ” ma a me se l’illuminazione non è a norma non importa, basta che sia risparmiosa ed all’acquisto economica” mi è capitato di dover dire che se la prestazione illuminotecnica in termini di performace nonrmativa non è un vincolo, allora potremmo installare delle cassette della posta o degli apparecchi vuoti.
    Risparmio 100% e medesima responsabilità in caso di contenzioso…

    • questa cosa della “normativa non è un vincolo” è una distorsione che gente ignorante sta diffondendo…. soprattutto visto che fior di decreti e leggi regionali e nazionali fanno riferimento alla normativa UNI.
      Quindi vien da se che “normativa non è vincolo” è una cazzata. Bisognerebbe dirlo in faccia alla gente che asserisce simili cose.
      ciao

    • Per la normativa potrebbe esser poi vero se in nessuna legge comparisse.
      Visto che però tutte le leggi regionali fanno riferimento alla UNI 11248 automaticamente la normativa diventa cogente; quindi, siccome viene recepita dalla normativa regionale e visto che le regioni hanno potere legislativo in questi ambiti allora le norme illuminotecniche diventano in pratica leggi.
      Ciao

    • Dunque, quello che dici e vero, ma non è tanto l’essere presenti in una legge che le rende valide, ma perchè frutto di studi più o meno approfonditi volti a definire procedimenti o modi di condotta o quant’altro definiti “comuni”. Non dimentichiamo che il panorama normativo non è fatto di sole norme illuminotecniche. Ad esempio parliamo di certificazione energetica, come tu ben sai si basa in gran parte su una normativa UNI. So bene pure io che la normativa tecnica dev’essere applicata in modo intelligente. Ben lungi però dal dire che le-normative-in-quanto-tali- lasciano il tempo che trovano.
      E questo non lo dicono solo i tecnici comunali o gli assessori, ma anche fior di esponenti di aziende (e qua ritorniamo al tuo discorso di ieri), chi è stato al convegno Lighting Innovation l’anno passato ricorderà l’intervento di un noto esponente di una nota azienda che inizia per i minuscolo che rispondeva proprio questo alla concitata domanda “mi scusi ma lo sa che il vostro stradale non funziona secondo quanto imposto dalla normativa?”

  5. Aggiungo anche che solo la normativa tecnica, assieme alla legislazione regionale, garantiscono che le cose siano fatte sensatamente e non del tutto a casaccio, con grave danno non solo alla sicurezza, ma anche alle casse comunali.

    Una cosa vorrei inoltre sottolineare: la necessità che si progetti partendo da quanto previsto nelle norme UNI ma rispettando le quantità di luce: continuo a vedere (e rimandare al mittente, a volte con grande sconcerto dei progettisti!) progetti in cui per stare “tranquilli” (o pre altri motivi meno nobili…) si raddoppiano o più le quantità di luce al suolo, quando le leggi regionali impongono di progettare con quantità di luce pari, entro le tolleranze, a quelle minime previste dalle norme.
    Progettare in tal modo vuol dire poi continuare ad innalzare la richiesta di luce nelle zone circostanti, e provocare uno squilibrio che è forse più pericoloso del buio.

    Ciao

    Andrea

  6. Carissimi vi segnalo la pubblicazione della UNI11356_aprile 2010
    “Caratterizzazione fotometrica degli apparecchi di illuminazione a LED”.

    Forza e coraggio che la macchina alla fine si è messa in moto!

    ps
    Caro giacomo; credo che la cosa valga un articolo

  7. Oggi illuminarea LED è per le giunte fonte di pubblicità e quindi di voti. Mi hanno chiesto di progettare l’illuminazione di una strada poche settimane fa e nonostante spiego che è idoneo per varie motivazioni illuminarla con sorgenti a alogenuri metallici, la giunta vuole assolutamente i LED. Questi non capiscono nulla ma hanno il potere di decidere come illuminare le strade delle città.

  8. Potrei raccontarvi un piccolo e gustoso episodio: un comune ci chiede aiuto per valutare il progetto di illuminazione di una rotatoria, già deciso che verrà fatta con i Led dall’Assessore, con grandi dubbi del capo dell’Ufficio Tecnico…
    In prima battuta il progetto è fatto dalla Ditta che vende gli apparecchi: quando chiediamo un progetto completo entra in campo il progettista, che giocando di fantasia con la UNI 11248 dimostra quanto segue: per illuminare a LED la rotatoria vanno bene 15 lux medi di illuminamento, mentre se si facesse con il sodio ce ne vorrebbero 30! Ci siamo fatti una bella risata, metteranno i LED e vedremo cosa succederà, anche perché ovviamente le strade di accesso sono tutte illuminate al sodio….

    • Io alle volte mi chiedo se questa sottospecie di “progettisti” abbia una propria coscienza: stiamo parlando di illuminare uno dei punti più critici nel traffico viario. Le rotatorie sono fra le zone con maggiori incidenti, perchè è un’area di intersezione in cui (soprattutto nelle ore notturne) la gente si immette ad una velocità molto maggiore di quella consentita.
      Fornire META’ dei lux necessari (e qui non me ne frega un cavolo se è luce bianca, blu o verde) SIGNIFICA SOTTO-ILLUMINARE UNA ZONA CRITICA E QUINDI AUMENTARE LE PROBABILITA’ DI INCIDENTI!! Come cavolo fate a dormire la notte?!? Vi tengono compagnia i soldi che fate vendendo quattro bidoni a LED a una amministrazione che, visti i primi risultati, poi vi maderà a quel paese? Quando morirà la famigliola con figli in macchina, sventolerete il prospetto 3 della norma UNI dicendo che “siete obbligati” a declassificare?
      Se un progettista non ha la minima idea di quelli che sono i gradi di incidentalità di una strada dovrebbe continuare a illuminare le statue di padre Pio e lasciare le strade a chi ha una certa esperienza: chi non c’è sopra tutti i giorni non può capire quanto sia importante illuminare bene le zone critiche, come gli attraversamenti pedonali (in cui spesso si va oltre al minimo imposto dalla normativa proprio per fornire il massimo di contrasto positivo possibile) e le rotonde appunto.
      Che tristezza…

  9. Pienamente in accordo con te Matteo, però il fatto è che molto spesso (come in questo caso) il progettista è chiamato quando tutto è già stato deciso per avvallare le scelte di produttore/amministrazione…nel caso specifico poi se non ci fosse stato la nostra richiesta non si sarebbe mai formalizzato alcun progetto.

    Certo che in questo caso il progettista si prende una bella responsabilità, al limite del penale se dovesse succedere qualcosa…

    Ciao

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