Design oggi significa prima di tutto massimo controllo sui materiali che vengono utilizzati nella produzione, in modo che l’oggetto, così generato, possa dirsi veramente amico dell’ambiente. Dalla culla alla tomba come spesso si sente dire, ovvero rispettoso dell’ambiente non soltanto durante il periodo di suo effettivo utilizzo, ma già in fase di produzione e poi (alla morte) durante lo smaltimento. Questa la tendenza del design contemporaneo da ormai alcuni anni, e chi ha fatto un giro (anche veloce) allo scorso Salone del Mobile di Milano non può non aver trovato conferme in questo senso.
Nuovi materiali naturali o di recupero che si uniscono alla ricerca di nuove esperienze di forma e funzione generate proprio dalla giustapposizione e contrapposizione tra essi, ed è proprio qua che si inserisce alla perfezione l’esperienza di design di Paola Santilli, giovane designer dalla formazione alquanto fuori dal comune, con la sua laurea in Comunicazione Internazionale presso l’università di Perugia e il successivo master in moda e design presso il Polimoda di Firenze. Dal 2006 è autrice su riviste e blog di design e dal 2009 ha dato vita al al progetto di eco-arte e design Piloh presentato al Fuorisalone 2010.
Vediamo dunque più nel dettaglio cos’è Piloh, progetto che nasce per sottrarre l’oggetto già esistente al suo crudele destino.Tazzine da caffé scheggiate, cucchiaini ossidati dal tempo riposti in una scatola in fondo alla cantina in attesa di una più terribile sorte, vecchi tubi dell’acqua abbandonati in un angolo di giardino, telai di vecchie lampade, vengono recuperati, “rianimati” e combinati con nuovi materiali, per creare lampade, sedie, vasi e utensili inutilizzabili.
Piloh rifiuta l’abbondanza, l’eccesso e utilizza il conflitto come tema ricorrente.
Il nuovo si oppone al vecchio, il freddo al caldo. I materiali sono opposti e convivono in un unico oggetto, come ad esempio nelle lampade, dove il feltro artigianale si combina al ferro e al cemento, o negli utensili inutilizzabili, dove la lana, come un parassita, si appropria della fredda superficie dell’oggetto.
Un processo creativo che prevede un dialogo tra differenti generazioni di oggetti per una produzione di pezzi unici, non riproducibili.
Perché continuare a produrre quando abbiamo a disposizione un archivio infinito di cose già esistenti?
Piloh è un progetto di eco-arte e design, ma prima di tutto è la parola e l’azione che costruisce intorno al vecchio oggetto, un senso secondo.
Si ribalta così l’originario significato di una cosa che un tempo aveva il suo utilizzo ben preciso e si decide di percorrere la strada di una produzione sostenibile di oggetti.
Come dicevo al progetto Piloh appartiene anche una collezione di lampade realizzate con l’utilizzo di materiali molto differenti l’uno dall’altro: il feltro artigianale si oppone al ferro e al cemento e questa strana combinazione di materiali crea un forte contrasto visivo, forme dure alternate a forme organiche.
Ma diamo un’occhiata più da vicino, qua sotto troverete una bella galleria di immagini.
Maggiori info su tutti gli oggetti della collezione le trovate sul sito ufficiale del progetto www.piloh.net o mandando una mail direttamente all’autrice [email protected]
E voi cosa ne pensate?
ciao e alla prossima!
Seconda vita alle cose, pensiero straordinario. E brava Paola che in quella tazzina “cardata” ci fai ricordare di recuperare con un gesto creativo quel che l’impulso ci porterebbe a buttare. E’ poesia, intensa, sintetica, come un haiku… “Tornando a vederli i fiori di ciliegio, la sera, son divenuti frutti”. Cinque versi, poche sillabe, detto tutto.