In questo periodo di emergenza sanintaria causata dal COVID_19, che ci ha costretti a rimanere a casa, ci si domanda come trovare il benessere tra le mura della propria abitazione. Tuttavia, oggi vorrei portare all’attenzione il benessere di chi non può scegliere dove stare e creare il proprio scenario ideale, ma è obbligato a “subire” un habitat preconfezionato. Proprio come accade nelle case di cura, negli ospedali, ecc. dove, alle soluzioni progettuali volte al benessere, non deve mai venir meno anche il rapporto umano e la dignità del paziente.
Immagine in header cortesia Luke Jones via Unsplash
LUCE PER I LUOGHI DI CURA
Grazie al particolare momento storico che stiamo vivendo, si è sviluppata una maggiore consapevolezza sul tema della salute e del benessere al centro dell’uomo e la luce, coniugata ad una progettazione d’eccellenza, può giocare un ruolo chiave in questo.
La luce è da sempre fondamentale per l’essere umano, oggi più che mai diventa elemento di grande rilievo, integrandosi con il progetto architettonico già nelle fasi preliminari. La luce non è solo un numero o un valore da calcolare preso da una normativa, ma un elemento da progettare in considerazione delle esigenze dell’individuo. Un approccio “Humanc Centric“, che dovrebbe essere normale quando si parla d’illuminazione
Sta a noi Lighting Designer, professionisti che operano esclusivamente nei settori dell’illuminazione, dimostrare che con un progetto pensato si possono ottenere risultati completamenti diversi dallo standard, anche mantenendo i limiti di un budget stabilito. La differenza risiede nel concept progettuale: in assenza di questo ogni soluzione perde di valore.
Qua sotto a titolo d’esempio alcune immagini del progetto, per la Novamed Policlynic di Zagabria, realizzato dal lighting designer Dean Skira nel 2011.
Ancora oggi non viene conferita la giusta importanza all’illuminazione nei luoghi di cura, a partire dalle case di riposo fino ad arrivare agli ospedali. Si è prestato un minimo di attenzione solo ai reparti maternità o alla pediatria, vedi l’esempio “L’isola di Margherita” presso il Regina Margherita di Torino o pochi altri esempi d’eccellenza. Qua di seguito alcune foto del reparto L’isola di Margherita, inaugurato nel 2016
O ancora, altro esempio che merita una menzione è il progetto realizato dallo studio di Lighting Design Consuline, di Iannone e Tellini per la RSA per pazienti con Alzheimer, il Paese Ritrovato di Monza.
Come professionisti del settore, notiamo che nella maggior parte dei casi nelle RSA non si tiene conto del benessere psicofisico dell’utente. L’aspetto principale su cui dovrebbero basarsi i concept progettuali per questi ambienti, sia in termini di arredo che d’illuminazione, è quello del “sentirsi a casa”, ma solo in pochi casi è così.
In particolare le soluzioni di illuminazione utilizzate sono, per la maggior parte, poco coerenti con una qualsiasi definizione di benessere. Il concept è completamente assente e ogni scelta è chiaramente frutto di logiche volte al massimo risparmio. Una sorta di ricerca sadica del brutto, le immagini qua sotto sono abbastanza chiare in merito, soprattutto se confrontate con quelle più sopra del Regina Margherita, o della Novamed Polyclinic.
La luce, appare evidente, è un elemento che può generare benessere, ma solo se la soluzione adottata è frutto di accurate logiche di progetto, e non prerogativa delle logiche commerciali volte al risparmio di cui si diceva sopra: in questo modo non è forse come risparmiare sulla salute dei degenti?
Questi luoghi sono ridotti comunemente a ruolo di non luoghi asettici; gli ambienti dedicati alle attività collettive o i salottini non presentano una distribuzione armoniosa degli spazi e l’illuminazione si risolve spesso con pannelli led 60×60 caratterizzati perlopiù da una luce diffusa di pessima qualità, bassa resa cromatica e con temperatura di colore elevata.
In una casa di cura, ad esempio, sarebbe invece più incisivo poter dare la possibilità all’anziano di scegliere se sprofondare comodamente sulla poltrona vicino alla lampada da terra per la lettura, oppure sedersi sul tavolino illuminato da una sospensione per fare una partita a carte, o se posizionare la sua sedia a rotelle vicino alla finestra per osservare l’esterno, oppure se rimanere nella penombra per vedere la tv, esattamente come a casa.
Ai pazienti però non è permesso di scegliere, sono costretti a permanere, magari assieme ai parenti, in stanze comuni o nelle camere di degenza sotto una luce uniforme con elevati livelli d’illuminamento, dove vien meno ogni senso di privacy e quel “sentirsi a casa” che si menzionava più sopra.
LUCE COME ELEMENTO PER CREARE COMFORT
Ma in che modo la luce può aiutare a rendere più umani questi ambienti? La risposta risiede ancora una volta in una progettazione della luce completa, che parte da semplici nozioni compositive, fino ad arrivare alle ultime ricerche sulla relazione tra luce e wellbeing. Gli strumenti ci sono, la tecnologia ha oggi possibilità inimmaginabili, la ricerca va oltre l’aspetto percettivo, fino ad arrivare alle più moderne analisi sui modi in cui la luce influenza i ritmi circadiani.
La luce colorata può influire sullo stato d’animo del paziente e utilizzata attraverso protocolli professionali può anche essere curativa.
Immaginiamo ad esempio il beneficio che potrebbero avere i pazienti con fragilità mentale se potessero gestire in autonomia il proprio scenario, se potessero creare ogni volta un ambiente di diverso colore in base allo stato d’animo del momento. Oppure scenari di luce dinamici per i reparti oncologici, in particolar modo per gli ambulatori dove i pazienti sostano per ore in attesa di terminare le lunghe cure: si potrebbe integrare la luce funzionale, necessaria ai medici per le visite e per avviare le cure, con una luce emozionale gestita direttamente dall’utente, sia in termini d’intensità che di colore della luce.
Ma sarebbe anche importante avere un occhio di riguardo per gli operatori, in particolare per i locali destinati al loro riposo. Non meritano un po’ di benessere anche loro? Invece che ritrovare le forze con una tazza di caffè illuminati da una meravigliosa quadrotta 60×60 installata solo perché economica e facile da installare. Quanto sarebbe bello essere illuminati da una piantana a luce diffusa e ritrovare l’armonia di casa?
Bisogna slegarsi dai concetti standard d’illuminazione: luci centrali in fila nei corridoi, distribuzioni simmetriche di pannelli led nel resto degli ambienti. La luce non si può fermare qui, non può più essere solo immaginata come luce funzionale calata dall’alto, esistono anche le riflessioni e gli effetti radenti sulle pareti, esistono soluzioni che possono trasformare la visione e la fruizione degli ambienti, il progetto illuminotecnico va necessariamente integrato con il progetto architettonico per una visione più “well-being”.
È ora di ripensare gli spazi, serve qualità, serve un approccio olistico, serve benessere e la luce è il primo mezzo per raggiungere questo obiettivo, la luce è vita, va progettata con consapevolezza.