Esempi, pratiche progettuali e progetti sperimentali basati su diverse modalità di coinvolgimento sociale all’illuminazione urbana: questo il contenuto non completo né finale di questo articolo che vuole dimostrare che un modo diverso di intendere la progettazione della luce nella città [1] attraverso la dimensione sociale è possibile, esiste già e potrebbe essere preso come esempio da integrare in nuovi progetti sostenibili e di qualità delle città italiane.
Partecipazione sociale nelle prime fasi di analisi e studio della luce in città
L’incipit di un progetto di illuminazione urbana comprende una fase di studio del territorio, di analisi e catalogazione dell’esistente, ovvero uno screening urbanistico, tecnico e impiantistico. La pratica progettuale del lighting designer include approfonditi studi rispetto alle caratteristiche contestuali e storiche dello spazio in questione. Un approccio orientato alla dimensione sociale del progetto, inoltre, [2] consiste nell’esplorazione e osservazione diretta delle relazioni tra lo spazio e le persone attraverso strumenti partecipativi in prestito dalle scienze sociali e dalla psicologia ambientale. Da un lato dunque, ci si avvale di osservazione diretta dello spazio urbano, analizzando la relazione tra spazi, funzioni, attività e comportamenti per comprendere le attività, abitudini, bisogni e aspettative degli abitanti. Dall’altro, si analizza la componente percettiva, cognitiva, affettiva e comportamentale del rapporto tra persone e luoghi [3] ovvero il grado di conoscenza percepita del luogo e la reazione emotiva che suscita i comportamenti. In questa fase di indagine preliminare, è fondamentale dunque il coinvolgimento diretto delle micro comunità urbane nella diagnostica della luce del proprio spazio: il cittadino viene motivato a recepire l’ambiente in modo più critico ed è chiamato ad essere più consapevole delle proprie percezioni per contribuire in maniera attiva e riflessiva al miglioramento della qualità della vita dello spazio urbano. [4] Recentemente alcune città europee hanno invitato i cittadini a compilare dei questionari valutativi sulla percezione dell’illuminazione urbana allo scopo di creare una base condivisa con la popolazione della città per un approccio polifonico e sociale del progetto. Il coinvolgimento attivo può anche avere aspetti ludici, narrativi ed educativi come nel caso dei NightSeeing condotti da Leni Schwendinger [5], una lighting designer che guida gruppi di visitatori al calar della sera nelle varie città italiane: l’intento è osservare, scoprire, riflettere far avvicinare lì opinione pubblica all’importanza della notte della città.
In maniera più sistematica, l’architetto Sandra Fiori ha intrapreso un’interessante ricerca sulla luce nel contesto urbano che si basa su un metodo di indagine volto a capire l’aspetto sociologico dell’illuminazione notturna urbana: il suo obiettivo è la raccolta e l’analisi delle percezioni degli individui in contesti notturni per poter poi, a livello progettuale, migliorare il lighting design dello spazio.
Il metodo di indagine in situ, PALETE (Parcours Libre et Tèlè-Enregistès), sviluppato presso il Centre de Documentation du laboratoire Cresson, prevede osservazione e interviste che coinvolgono attivamente i partecipanti attraverso dei “parcours Commentés”. Questi “percorsi commentati” si basano sulla raccolta di commenti, descrizioni e osservazioni che vengono rilasciate dai residenti dello spazio o dalle autorità a cui viene chiesto di dare informazioni sulla percezione della luce notturna insieme a valutazioni sull’immagine del quartiere, e informazioni su eventuali problemi, evidenziando potenziali soluzioni. [6]
Un ulteriore approccio sociale al progetto della luce è quello di Linnaea Tillet: secondo la designer, la luce non è un fattore determinante che fa funzionare un luogo, bensì è uno dei fattori all’interno di un complesso set di elementi che supportano lo spazio sociale. Affrontando un progetto di pianificazione dell’illuminazione urbana, devono essere considerati anche fattori determinanti e propri di quello spazio, come ad esempio la propensione locale a camminare, la presenza o l’assenza di funzioni e attività sul territorio: il progetto della luce non è concepito come un invito a fare qualcosa che le persone non hanno interesse a fare ma piuttosto deve essere un supporto che abiliti le persone nelle attività che desiderano e necessitano. La missione principale non è dunque creare uno scenario luminoso spettacolare ma capire effettivamente di cosa le persone abbiano bisogno e cercare di supportarlo anche grazie alla luce. [7].
L’osservazione qualitativa diventa raccolta di dati quantitativi sul tempo vissuto della città, esame dei suoi ritmi e dei suoi pattern di utilizzo avvalendosi di videocamere e sensori di rilievo in tempo reale. Tale monitoraggio ha il ruolo di informare e trasformare il piano della luce urbana in strategia flessibile e mutevole per una luce dove e quando serve secondo diversi utilizzi e necessità: in questo senso, si hanno utili vantaggi anche dal punto di vista economico, ecologico ed energetico. Esperimenti di questo genere sono stati effettuati dal Prof. Dennis Köhler del laboratorio Licht-Raum dell’Università di Dortmund. [8]
Ulteriori nuove forme di dialogo pubblico il cui obiettivo più importante è dare la possibilità ai cittadini di esprimere le proprie idee per migliorare la propria città sono supportate dai recenti sistemi di sondaggio on-line basati su web. Spesso supportate sia dalle pubbliche amministrazioni sia da aziende interessate a sviluppare particolari soluzioni per la città, queste piattaforme di discussione attiva e partecipata sono in grado di generare, collezionare e organizzare opinioni e idee per l’innovazione di un servizio pubblico. Gli utenti possono votare, selezionare o rifiutare un progetto piuttosto che un altro ma spesso sono chiamati a dichiarare il proprio punto di vista, aprire dibattiti, esternare opinioni e allo stesso tempo condividere idee proprie, contenuti, soluzioni, possibili alternative. Il presupposto è che la partecipazione sia efficacemente attiva ed estesa, che la piattaforma sia raggiungibile, aperta e comprensibile, che le informazioni siano trasparenti e che i dati rilevati siano utilizzati in maniera corretta. Una forma di partecipazione ampliata all’intera città rispetto all’illuminazione è stata sperimentata anche a Milano attraverso la piattaforma LED Your City [9], (di cui si è parlato anche su luxemozione)supportata dal Comune, Philips e Wired al fine di coinvolgere gli abitanti nel restyling della luce della città. Nonostante non siano ancora visibili i risultati concreti, questo primo esempio applicativo di coinvolgimento attraverso i social media, è comunque un’iniziativa positiva che mette in chiaro l’importanza di un sistema di illuminazione urbana orientato alla dimensione sociale.
Il coinvolgimento attivo durante la fase di sviluppo del progetto
Il coinvolgimento delle comunità urbane può rivelarsi fondamentale nella fase di elaborazione del concept, per poter finalizzare il progetto e selezionare l’idea più efficace per un determinato contesto: la comunità può essere interpellata a partecipare attraverso sedute plenarie di valutazione del progetto mediante delle sessioni di VPS (Visual Preference Survey) durante le quali il progetto viene mostrato sottoforma di visualizzazioni per ottenere dei feedback da parte dei diretti interessati. Anche in questa fase, i cittadini possono contribuire attivamente con idee, evidenziando problemi non considerati o punti di vista particolari: lo scopo è ottenere un progetto condiviso.
Allo stesso modo, la partecipazione dei cittadini potrebbe essere accolta positivamente durante i test di luce, ovvero quelle procedure volte a dimostrare, attraverso sistemi di illuminazione campione o maquette installate in situ, l’effetto di luce desiderato. Nonostante onerosi in termini di tempo e risorse, questi test pilota sono funzionali [10] a dare l’idea reale del progetto e a raccogliere commenti, informazioni utili per apportare modifiche o miglioramenti. Inoltre, sono spesso utili per effettuare test percettivi sui soggetti e comprenderne gli effetti. Un esempio su scala reale di questa tipologia è Light Stories – Valotarina, un progetto pilota di interazione e partecipazione urbana installato nella città di Oulu in Finlandia. I cittadini sono chiamati a partecipare all’illuminazione urbana direttamente attraverso una modalità di interazione su web. Per circa un’ora, ciascuno ha l’opportunità di decidere l’atmosfera cromatica e luminosa della via, di condividere con la comunità le proprie percezioni e necessità di luce visibili anche on-line. [11, 12]
Un altro approccio interessante è il progetto Broken Light a Rotterdam [13], pur non utilizzando sistemi interattivi e neanche una gestione dinamica della luce, combina in un progetto di illuminazione funzionale una parte di light art coinvolgendo attivamente la popolazione della strada in cui è stato installato. Il progetto dunque modifica completamente lo spazio percepito e ha la volontà di creare un’esperienza emozionale che rende partecipe la comunità locale: a questo scopo, sono stati organizzati momenti partecipativi e dimostrativi attraverso una serie di installazioni di primi prototipi e mock-up e nonché test e momenti di comunicazione e scambio con la popolazione locale.
Il progetto è concluso ma la partecipazione continua…
Se dunque, nelle fasi di elaborazione di un piano di progettazione della luce, i cittadini sono potenziali risorse di innovazione, co-creazione e sviluppo di nuove soluzioni, una volta che il progetto è stato installato, i cittadini sono gli unici in grado di poterne valutare l’efficacia e le reali prestazioni in base alle proprie aspettative e necessità. Come è possibile misurare l’effettivo impatto sociale di un progetto di illuminazione urbana? Ulteriori strumenti per misurare le performance della dimensione sociale del progetto di illuminazione sono necessari per far comprende la necessità di non sottovalutare tale argomento per esigenze puramente economiche ed energetiche. Nuove tecnologie e una gestione intelligente possono oggi configurare un sistema di illuminazione in grado di controbilanciare tutti questi aspetti.
Si aprono ulteriori orizzonti rispetto all’inclusione dei cittadini nel progetto della luce della propria città: un ulteriore grado di responsabilizzazione e coinvolgimento vede i cittadini come diretti promotori di nuovi comportamenti e di nuove attività sociali che portino gli stessi a vivere meglio lo spazio urbano e ad aiutarsi reciprocamente all’interno delle proprie comunità. In questo senso, il cittadino non è visto come colui che interviene nella fase finale di collaudo validando il progetto finito ma è colui al quale viene affidato un sistema di illuminazione infrastrutturale di base di cui egli cura lo sviluppo futuro al fine di implementarne i servizi e le capacità in base alle proprie necessità. Anche in questo contesto, l’orgoglio di comunità, il senso del bene pubblico e la cura per un servizio utile potrebbero far emergere un nuovo scenario di un’illuminazione urbana aggiornabile e personalizzabile a seconda degli utilizzi della comunità stessa. [14]
Si passa dunque dalla macroscala urbana alla microscala locale dei piccoli distretti e dei quartieri per progetti focalizzati sulla dimensione umana in cui la luce migliora effettivamente la qualità della vita dei cittadini ed al tempo stesso consente risparmio energetico ed economico. Questo, ad esempio, è l’approccio che gli autori del Piano della luce urbana di Liege, Isabelle Corten e Jean-Pierre Majot hanno elaborato organizzando la città in distretti in modo da creare progetti ad-hoc rispetto alle diverse necessità e identità notturne [1].
Concludendo, un progetto che sia stato sviluppato tenendo in considerazione l’uomo sarà in grado di accompagnare le sue attività notturne in maniera confortevole e sicura, incentivando inaspettate forme di interazione socio-relazionale nello spazio urbano. La luce infatti agisce per un positivo recupero del rapporto di fiducia tra la città e le persone e tra le persone stesse, creando potenziali legami sociali della comunità di appartenenza: più persone utilizzano uno spazio, più persone osservano e sono osservate, più ci si sente sicuri nell’ambiente e si previene il crimine. Si crea dunque un circolo virtuoso basato sull’orgoglio comunitario attraverso la coesione e il controllo informale della comunità. Un’illuminazione di qualità non solo ristabilisce il contatto tra l’uomo e la sua città favorendo comportamenti positivi, per esempio portando le persone ad uscire e incontrarsi in città, ma può ridefinire a lungo termine una nuova visione e cultura dello spazio pubblico urbano.
Riferimenti
[1] A.A. V.V.(2011) The Social Dimensios of Light, Case studies form the cities, A publication from the LUCI Urban Strategies Commission chaired by the city of Liege, Imprimerie Rochelaise, ISBN 978-2-9538201-1-9
[2] Bordonaro, E. & Aghemo, C. (2006). An environmental psychology approach to urban lighting. International Conference Proceedings, The Urban Nightscape 2006 International Conference, Athens, Greece.
[3] Canter, D. (1977). The Psychology of Place. Architectural Press, London.
[4] Amendola, G. (2009). Il progettista riflessivo, Scienze sociali e progettazione architettonica. Laterza, Bari.
[5] NightSeeing, Leni Schwendinger, http://www.nightseeing.net/, accesso al sito il 23/10/2012
[6] Fiori S., Houdemont K., Leroux M. (2004) Parcours nocturnes Étude sociologique sur l’ambiance et les usages nocturnes mail d’Empalot et cité Bordelongue (Toulouse), Cresson – Centre de recherche sur l’espace sonore et l’environnement urbain;
[7] Tillet, L. (2006). A social approach to urban lighting. International Conference Proceedings, The Urban Nightscape 2006 International Conference, Athens, Greece.
[8] Köhler, D. Sieber R. (2011). The time factor in relation to the electric lighting in urban spaces, PLD magazine n.79, October.
[9] LED Your City, http://www.facebook.com/ledyourcity, accesso al sito il 12-09-2012
[10] Brandi, U. & Geissmar-Brandi, C. (2007). Light for Cities, Lighting Design for Urban Spaces. A Handbook, Birkhäuser Publishers for Architecture, Switzerland.
[11] Lightstories, http://www.valotarina.fi/en/, accesso al sito il 15/09/2012.
[12] Pihlajaniemi H., Österlund T., Luusua A., Tanska T., (2012) LightStories: Designing and Evaluating Interactive and Participatory Urban Lighting. Interactive Design Light Workshop Glasgow (June 2012)
[13] Broken Light, http://www.brokenlight.org/ accesso al sito il 26/10/2012.
[14] EUROPEAN COMMISSION, Directorate-General for Communications Networks, Content and Technology, Sustainable and Secure Society, Smart Cities and Sustainability, (2012) Smart Cities Plenary Session Report, ICT Competitiveness Week, 17-20 September 2012;
In un periodo in cui si è sentito di tutto, ma veramente di tutto sull’illuminazione urbana, finalmente il parere di una esperta di queste tematiche. Ottimo lavoro Daria; è sempre un piacere leggerti.